Sono le 17:40 del Bee Day e sono appena uscita dall’ufficio. Finalmente le giornate sono lunghe e la luce che c’è ancora a quest’ora, mi regala sempre l’energia per pianificare nuove attività. Ammetto che in questo periodo ho una fissa: non faccio che pensare ad organizzare un viaggio. Sicuramente è complice il periodo, ma ancor più quanto mi ha raccontato Gino.
Chi è Gino? Gino è il mio collega, quello con i ricci, giovane e atletico. Un campione di Judo, ma non solo.
Freud diceva:
“C’è una storia dietro ogni persona.
C’è una ragione per cui loro sono quel che sono.”
Gino di storie da raccontare ne ha davvero molte, anzi Gino sa pure scriverle le storie. Ad esempio? Il suo ultimo romanzo “Dentro fino alle ossa”. Ma sapete perché ve ne parlo? Perché per riuscire a pubblicarlo ha lanciato un pubblico crowdfunding collegandolo in parte alla pubblicazione del libro, ma in parte al sostegno del progetto “Judo Everest Scholarship project” per aiutare la comunità di un villaggio nepalese in cui si trova la palestra di judo più alta del mondo (quasi 4000 metri sul livello del mare).
Così ieri mi ha raccontato del viaggio che ha fatto in Nepal per conoscere da vicino la scuola che ha aiutato. Un viaggio incredibile, in uno dei paesi più duramente colpiti dalla crisi climatica: delle sue 75 province, 29 sono altamente vulnerabili in caso di calamità naturali, 22 sono minacciate da severe siccità e 21 possono subire inondazioni catastrofiche.
Secondo le Nazioni Unite, il Nepal è il 4° paese al mondo per vulnerabilità alla crisi climatica.
Riflettendo su questo ho pensato di parlarvi di un nuovo fenomeno che si sta diffondendo. Di certo non è il caso di Gino, ma ormai molti sono attratti da quel turismo definito “last chance”.
Due ricercatrici dell’Università di Groningen, Anne van Valkengoed e Annette Scheepstra, hanno messo in luce un fenomeno preoccupante legato al turismo in aree di grande valore ambientale. Questi luoghi, spesso visitati con l’intento di ammirare la loro bellezza naturale prima che sia troppo tardi, possono essere collegati a forme di ecoansia. Il fenomeno è noto come "last chance tourism".
Il turismo "last chance" ha sicuramente la capacità di fungere da potente strumento di sensibilizzazione. I luoghi segnati dalla crisi climatica, quando attrezzati per essere raccontati a un vasto pubblico, acquisiscono un nuovo valore. Diventano, infatti, strumenti di memoria e consapevolezza in grado di educare e mobilitare le coscienze.
Tuttavia, il turismo "last chance" presenta un “lato oscuro”. Esso si nutre di una morbosa relazione con la catastrofe, trasformando l’esperienza diretta del collasso climatico in una vera e propria attrazione. La crescita prevista di questo fenomeno nei prossimi decenni solleva interrogativi su possibili effetti negativi. C'è il rischio che l'impatto del turismo di massa su questi fragili ecosistemi possa oscurare i benefici educativi di tali viaggi.
I primi casi di turismo da “last chance” sono collegati allo scioglimento dei ghiacci, scioglimento che con se porta via anche la nostra memoria. Le mete più ambite? Ovviamente il polo Artico, ma anche il ghiacciaio situato sul lato francese del Monte Bianco, il Mer de Glace. Gli impatti? I dati devono ancora essere consolidati, tuttavia si stima che il turismo estivo nell’artico in termini di CO₂ sia cresciuto di almeno quattro volte dal 2006 al 2016.
Senza dimenticare che il settore del turismo, da solo, è responsabile dell’8% delle emissioni di gas serra nel mondo.
Mentre il Mer di Glace perde mediamente un metro di spessore all'anno.
Come spiega la giornalista del New York Times Paige McClanahan:
“Per migliaia di anni, gli esseri umani hanno gareggiato per essere i primi a scalare una vetta, attraversare una frontiera o documentare una nuova specie o paesaggio. Ora, in alcuni casi, ci stiamo affrettando per essere gli ultimi.”
Questo turismo se da un lato può essere la spinta ad agire dall’altro canto genera più emissioni. Inoltre, come emerge dal sondaggio di Volotea, c’è ancora poco interesse per la sostenibilità.
Vogliamo essere a volte i primi, a volte gli ultimi, ma necessariamente senza responsabilità.
Quella che invece possiamo avere tutti nelle piccole cose. Una somma di piccole cose.
Sapete cosa hanno chiesto di portare dall’Italia a Gino i ragazzi della scuola di Judo? Frutta, semplicemente della frutta.
Chiara Pontoni
Sustainability Manager Gesteco